03 maggio, 2013

Promemoria 3 maggio 2005 - Dopo 35 anni, la Corte di Cassazione assolve tutti gli imputati della Strage di Piazza Fontana e condanna al pagamento delle spese processuali i parenti delle vittime e le parti civili

Dopo 35 anni, la Corte di Cassazione assolve tutti gli imputati della Strage di Piazza Fontana e condanna al pagamento delle spese processuali i parenti delle vittime e le parti civili Le indagini e i processi (sette) si susseguiranno nel corso degli anni, con imputazioni a carico di vari esponenti anarchici e di destra; tuttavia alla fine tutti gli accusati saranno sempre assolti in sede giudiziaria (peraltro alcuni verranno condannati per altre stragi, e altri si gioveranno della prescrizione). Alcuni esponenti dei servizi segreti verranno condannati per depistaggi; l'inchiesta del giudice Salvini affacciò anche un'ipotesi di connessione col fallito golpe Borghese[13]. In 43 anni, non è mai stata emessa una condanna definitiva per la strage, anche se Carlo Digilio, neofascista di Ordine Nuovo, ha confessato il proprio ruolo nella preparazione dell’attentato e ottenuto nel 2000 la prescrizione del reato per il prevalere delle attenuanti riconosciutegli, appunto, per il suo contributo. Il 3 maggio 2005 la Corte di Cassazione ha assolto definitivamente gli ultimi indagati[14] (Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni, militanti di Ordine Nuovo condannati in primo grado all'ergastolo) scrivendo però nella sentenza che con le nuove prove - emerse nelle inchieste successive al processo milanese nel 1972 e alla definitiva assoluzione nel 1987 - gli ordinovisti veneti Franco Freda e Giovanni Ventura sarebbero stati entrambi condannati[1]. Attualmente non vi è alcun procedimento giudiziario aperto in quanto la condanna arriva tardiva, oltre al terzo grado di giudizio. Dopo decine di anni, la morte di Pinelli è ancora oggetto di discussione, sebbene la Magistratura si sia pronunciata in modo univoco, nel senso della morte accidentale dell'anarchico. A metà degli anni novanta Carlo Digilio sostenne di aver ricevuto una confidenza in cui Delfo Zorzi gli raccontava[15] di aver piazzato personalmente la bomba nella banca. Zorzi, trasferitosi in Giappone nel 1974, divenne un imprenditore di successo. Ottenne la cittadinanza giapponese che gli garantì poi l'immunità all'estradizione.

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