28 dicembre, 2012

PROMEMORIA 28 dicembre 1943 I fratelli Cervi fatti prigionieri, vengono fucilati dai fascisti nel poligono di tiro di Reggio Emilia.

I fratelli Cervi fatti prigionieri, vengono fucilati dai fascisti nel poligono di tiro di Reggio Emilia. I fratelli Cervi, Gelindo, nato nel 1901; Antenore, nel 1906; Aldo, nel 1909; Ferdinando, nel 1911; Agostino, nel 1916; Ovidio, nel 1918; Ettore, nel 1921, erano i sette figli di Alcide Cervi e di Genoveffa Cocconi ed appartenevano ad una famiglia di sentimenti antifascisti. Dotati di forti convincimenti democratici, presero attivamente parte alla Resistenza e presi prigionieri, furono fucilati dai fascisti il 28 dicembre 1943 nel poligono di tiro di Reggio Emilia. La loro storia è stata raccontata, fra gli altri, dal padre Alcide Cervi. L'epilogo Per diverse settimane il gruppo dei Fratelli Cervi riesce a mantenere un'intensa attività militare contro i fascisti, ma successivamente, nella notte tra il 24 e il 25 novembre 1943, durante un rastrellamento, viene sorpreso nell'abitazione dei Cervi dalle pattuglie fasciste insieme ad alcuni partigiani russi, a Dante Castellucci e a Quarto Camurri. Catturati dopo un breve scontro a fuoco vengono trasportati nel carcere politico dei Servi a Reggio Emilia e lì custoditi. I russi e Dante Castellucci, che si era fatto passare per cittadino francese, sono invece trasferiti nel carcere di Parma. Il 27 dicembre avvenne l'uccisione da parte dei partigiani del segretario comunale di Bagnolo in Piano Davide Onfiani e il 28 dicembre i sette fratelli Cervi furono fucilati per rappresaglia[12], per decisione del Tribunale speciale di Reggio Emilia. In un documento della direzione fascista di Reggio Emilia recuperato nel dopoguerra, compare la lista dei sette nomi che qualche dirigente (qualcuno azzarda Mussolini stesso) aveva evidenziato con una parentesi riportando accanto la scritta "sette fratelli?" sottolineata di rosso, quasi ad esprimere perplessità per la decisione. L'8 gennaio del 1944, un bombardamento apre ad Alcide una via per fuggire dal carcere di San Tommaso dove era stato trasferito. Tornato a casa, non viene subito informato della morte dei figli ma, anche quando apprenderà la tragica notizia, riuscirà a riprendersi dal durissimo colpo. Nell'ottobre del 1944 la casa della famiglia Cervi viene incendiata. Il 15 novembre dello stesso anno, forse a causa di questa ulteriore dolorosa esperienza, Genoveffa Cocconi muore di crepacuore. Solo nell'ottobre del 1945 Alcide Cervi potrà far sì che venga celebrato un funerale solenne per i suoi figli. Nel pomeriggio del 28 ottobre, dopo la manifestazione di affetto dei cittadini emiliani, i feretri dei fratelli sono portati al cimitero di Campegine. In questa occasione papà Cervi pronuncerà la celebre frase: "dopo un raccolto ne viene un altro". Per il suo impegno partigiano e per quello dei suoi figli, gli fu consegnata una medaglia d'oro creata dallo scultore Marino Mazzacurati. La medaglia reca da un lato l'effigie di Alcide Cervi e dall'altro un tronco di quercia tra i cui rami spezzati compaiono le 7 stelle dell'orsa. Durante la consegna, Alcide pronunciò un discorso di cui sono ancora ricordate queste parole: "Mi hanno sempre detto… tu sei una quercia che ha cresciuto sette rami, e quelli sono stati falciati, e la quercia non è morta… la figura è bella e qualche volta piango… ma guardate il seme, perché la quercia morirà, e non sarà buona nemmeno per il fuoco. Se volete capire la mia famiglia, guardate il seme. Il nostro seme è l'ideale nella testa dell'uomo." Il 27 marzo 1970, all'età di 95 anni si spegne Alcide Cervi. Oltre 200.000 persone si riuniranno a Reggio Emilia per salutarlo per l'ultima volta.

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