28 maggio, 2012

PROMEMORIA 28 maggio 1980 – Milano, giovani terroristi delle BR assassinano Walter Tobagi, giornalista di punta del Corriere della Sera

Milano, giovani terroristi delle BR assassinano Walter Tobagi, giornalista di punta del Corriere della Sera Walter Tobagi (San Brizio di Spoleto, 18 marzo 1947 – Milano, 28 maggio 1980) è stato un giornalista e scrittore italiano, che venne assassinato in un attentato terroristico perpetrato dalla Brigata XXVIII marzo, gruppo terrorista di estrema sinistra. Tobagi venne ucciso alle 11 di mattina con cinque colpi di pistola da un "commando" di terroristi (Marco Barbone, Paolo Morandini, Mario Marano, Francesco Giordano, Daniele Laus e Manfredi De Stefano), buona parte dei quali figli di famiglie della borghesia milanese. Due membri del commando in particolare appartengono all'ambiente giornalistico: sono Marco Barbone, figlio di Donato Barbone, dirigente editoriale della casa editrice Sansoni (di proprietà del gruppo RCS), e Paolo Morandini, figlio del critico cinematografico del quotidiano Il Giorno Morando Morandini. A sparare furono Mario Marano e Marco Barbone. È quest'ultimo a dargli quello che nelle sue intenzioni sarebbe il colpo di grazia: quando Tobagi era ormai accasciato a terra, il terrorista gli si avvicinò e gli esplose un colpo dietro l'orecchio sinistro. In realtà, da come risulta dall'autopsia, il colpo mortale fu il secondo esploso dai due assassini, che colpendo il cuore causò la morte del giornalista. Il processo Nel giro di pochi mesi dall'omicidio, le indagini di Carabinieri e magistratura portarono all’identificazione degli assassini, ed in particolare a quella del leader della neonata Brigata XXVIII marzo, lo stesso Marco Barbone. Subito dopo il suo arresto, il 25 settembre del 1980, Barbone decise di collaborare con gli inquirenti; grazie alle sue rivelazioni l'intera Brigata XXVIII marzo fu smantellata e furono incarcerati più di un centinaio di sospetti terroristi di sinistra, con cui Barbone venne in contatto nel corso della sua breve ma intensa "carriera" terroristica. Le 102 udienze di quello che fu un maxi-processo all'area sovversiva di sinistra iniziarono il 1 marzo 1983 e terminarono 28 novembre dello stesso anno. La sentenza ha suscitò molte polemiche poiché il giudice Cusumano, interpretando la legge sui pentiti in modo difforme rispetto al Tribunale di Roma (dove furono comminate comunque pene a oltre vent'anni di carcere ai terroristi pentiti delle Unità comuniste combattenti), concesse a Marco Barbone, Mario Ferrandi, Umberto Mazzola, Paolo Morandini, Pio Pugliese e Rocco Ricciardi «il beneficio della libertà provvisoria ordinandone l'immediata scarcerazione se non detenuti per altra causa» [7], mentre agli altri membri della XXVIII marzo, De Stefano, Giordano e Laus, furono inflitti trent'anni di carcere[6]. Le indagini non hanno chiarito il ruolo svolto dalla fidanzata di Marco Barbone, Caterina Rosenzweig, appartenente ad una ricca famiglia milanese. Nel 1978, cioè ben due anni prima dell'omicidio, Caterina Rosenzweig aveva lungamente pedinato Tobagi, che era anche suo docente di storia moderna all'Università Statale di Milano. Anche se nel settembre 1980 viene arrestata insieme con gli altri, Caterina verrà assolta per insufficienza di prove, nonostante nel corso del processo venga accertato che il gruppo di terroristi si riuniva a casa sua in via Solferino, a poca distanza dagli uffici dove lavorava Tobagi. Dopo il processo si trasferirà in Brasile, dove si perdono le sue tracce. Discussa fu la scelta da parte della magistratura di imbastire un processo con oltre 150 imputati e relativo non soltanto all'assassinio Tobagi ma a tutta l'area della sovversione di sinistra. Ciò, a detta di Ugo Finetti, segretario provinciale del PSI, ha fatto apparire il dibattimento come "un processo che sulla carta dovrebbe andare in scena perché si parli poco e male della vittima e con gli assassini più che altro messi sul banco non degli imputati, bensì degli accusatori, perché la sceneggiatura prevede che il centro dell'attenzione processuale riguardi altri fatti e altre persone". Fu infatti scelto come referente privilegiato Marco Barbone, il quale, pentitosi subito dopo l'arresto, cominciò a fornire una notevole mole d'informazioni sugli ambienti della "lotta armata". Tale scelta appare irrituale se si considera che il generale Carlo Alberto dalla Chiesa in un'intervista a Panorama rilasciata il 22 settembre 1980 (tre giorni prima dell'arresto del terrorista), fa cenno all'assassinio di Tobagi e alla Brigata XXVIII marzo e parla di aver «[...] usato la stessa tecnica adottata a Torino nel '74-75 per la cattura di Renato Curcio: massima riservatezza, conoscenza anche culturale dell'avversario, infiltrazione». Ossia, le forze dell'ordine e la magistratura potevano già disporre di una serie d'informazioni relative al gruppo terroristico e al delitto. Nonostante ciò, come già detto, durante il dibattimento ci si basò sulle dichiarazioni di Barbone, il quale quando questi fu arrestato i capi d'accusa furono: appartenenza alle Fcc, a Guerriglia rossa e aver partecipato alla rapina ai Vigili urbani di via Colletta e non come sospetto per l'omicidio. Nella stessa intervista il generale afferma che vi sono sostenitori della Brigata XVIII marzo tra i giornalisti. Altra stranezza è la insolita uniformità di punti di vista tra pm e difesa di Barbone e la, altrettanto insolita, contrapposizione tra accusa e parte civile, la quale si è vista rifiutare ogni istanza tesa a chiarire le dinamiche del delitto e le circostanze che hanno portato Marco Barbone a pentirsi. Nel documento di rivendicazione del delitto i terroristi sembrano essere a conoscenza dei fenomeni legati al mondo della carta stampata e a particolari relativi alla vita professionale di Walter Tobagi. Del giornalista scrissero «preso il volo dal Comitato di redazione CORSERA dal '74, si è subito posto come dirigente capace di ricomporre le grosse contraddizioni politiche esistenti fra le varie correnti», ma Gianluigi Da Rold si chiede: «Come fanno a sapere che Walter Tobagi fece parte del comitato di redazione del CORSERA (termine usato solo all'interno di via Solferino) quale rappresentante sindacale del «Corriere d'informazione» anche se per poco tempo [due mesi,ndr], nel 1974?». Il comitato di redazione del CORSERA non è da confondere con l'omologo del Corriere della sera, in esso si riunivano i rappresentanti delle redazioni di tutti i quotidiani e periodici allora collegati alla testata milanese. Nel testo, quindi, si cita un fatto molto particolare, ma Barbone, durante il dibattimento, afferma di essersi confuso: riprendendo un articolo di Ikon, ci si sarebbe sbagliati e scritto 1974 anziché 1977, l'anno in cui Tobagi entrò effettivamente a far parte del comitato di redazione del quotidiano. Ma, come detto, il cdr del Corriere della sera è cosa diversa da quello del CORSERA e appare strano che, laddove l'autore (o autori, stando alla versione fornita da Barone) del testo appare consapevole della differenza, nella sua dichiarazione al processo dimostra di non avercela ben presente, affermando di essersi semplicemente confuso sulla data di ingresso di Tobagi nel cdr del «Corriere della sera». Altra incongruenza nelle dichiarazioni di Barbone è quella relativa al suo pedinamento del giornalista la notte del 27 maggio, il giorno prima del delitto. Nel mese di maggio del 1980, la vittima si assentò spesso da Milano per seguire la campagna elettorale per le amministrative, e tornava solo la domenica. Il 27, un mercoledì, eccezionalmente era presente al "Circolo della stampa" di Milano (dove fu oggetto, come riferiscono i testimoni, di attacchi verbali). Il terrorista, successivamente, affermò di aver girato con l'auto attorno alla sede dell'associazione «per rintracciare eventualmente quella del Tobagi e avere conferma che ci fosse, ma senza averla vista, me ne andai subito. La mattina successiva, quindi, agimmo». Se la presenza dell'auto presso il circolo era un fatto secondario rispetto alla messa in pratica del disegno criminoso, allora perché Barbone decise di pedinare Tobagi e soprattutto, come seppe della sua presenza a Milano?

Nessun commento: