29 aprile, 2012

PROMEMORIA 29 aprile 1943 – Seconda guerra mondiale/Varsavia: rivolta degli ebrei rinchiusi nel ghetto

Seconda guerra mondiale/Varsavia: rivolta degli ebrei rinchiusi nel ghetto La Rivolta del ghetto di Varsavia (tedesco: Großaktion Warschau), chiamata anche Rivolta di Varsavia del 1943, fu un'insurrezione ebraica in Polonia nel ghetto di Varsavia contro le autorità occupanti della Germania durante la seconda guerra mondiale. La rivolta principale cominciò il 19 aprile 1943 fino al 16 maggio di quell'anno e fu infine sedata dall'allora Brigadeführer (diventato in seguito SS-Gruppenführer) Jürgen Stroop. La rivolta principale fu anticipata il 18 gennaio 1943 da un'azione civile armata contro i tedeschi. La Rivolta del ghetto di Varsavia non deve essere confusa con la rivolta di Varsavia che ebbe luogo l'anno successivo. Dall'inizio del 1940, i nazisti cominciarono a concentrare in Polonia oltre 3 milioni di ebrei in sovraffollati ghetti dislocati in varie città polacche. Il più grande di questi, quello di Varsavia, conteneva 380.000 persone in un'area densamente popolata nel centro della città. Migliaia di ebrei morirono di stenti o in conseguenza di epidemie prima che i nazisti cominciassero la massiccia deportazione degli ebrei del ghetto verso il campo di sterminio di Treblinka. All'inizio delle deportazioni, i membri dell'ambiente giudaico si incontrarono, ma decisero di non resistere, sperando che gli ebrei fossero veramente spediti in campi di lavoro piuttosto che verso la loro morte. Alla fine del 1942 fu chiaro che le deportazioni erano invece indirizzate ai campi di morte, e molti dei rimanenti 40.000-50.000 ebrei decisero di resistere, e circa dalle 750 alle 1000 persone, inclusi i bambini, combatterono realmente. Il 18 gennaio 1943 si verificò il primo caso dell'insurrezione armata, quando i tedeschi iniziarono una seconda ondata di deportazione degli ebrei a seguito di un ordine impartito da Heinrich Himmler, comandante delle SS, che ordinava la deportazione di circa 24.000 ebrei. Gli ebrei insorti realizzarono un successo considerevole, impedendo la realizzazione dell'ordine: solo 650 ebrei vennero deportati. Dopo quattro giorni di combattimenti le unità tedesche uscirono dal ghetto e le organizzazioni insorte ŻOB e ŻZW presero il controllo del ghetto, costruendo dozzine di posti di combattimento e operando contro i collaborazionisti ebraici. Himmler, contrariato per l'inaspettata resistenza scrisse, il 1 febbraio 1943, al comandante delle SS e della polizia per il Governatorato Generale, Krüger ordinandogli: «Per ragioni di sicurezza Le ordino di distruggere il ghetto di Varsavia dopo aver trasferito da là il campo di concentramento». L'ordine prevedeva inoltre la salvaguardia di tutte le installazioni produttive all'interno del ghetto che avrebbero dovuto essere trasferite, insieme agli operai considerati "utili" allo sforzo bellico, presso altri ghetti dove avrebbero ripreso la produzione, principalmente lavori di sartoria per l'esercito. A tal fine, tra febbraio e marzo, le autorità tedesche, in collaborazione con alcuni imprenditori della zona, cercarono di convincere i lavoratori ad uscire spontaneamente dal ghetto. Queste pressioni non ebbero però successo, anzi, fecero confluire molti operai nelle file dei movimenti di resistenza armata. Nel frattempo, all'interno del ghetto, gli abitanti si prepararono a quella che avevano ormai capito sarebbe stata l'ultima battaglia. Migliaia di bunker vennero scavati sotto le case, molti collegati tra loro attraverso le condotte di scarico e collegati al sistema idrico ed elettrico. In alcuni casi i bunker erano inoltre collegati a tunnel che portavano all'esterno del ghetto, in zone sicure della città di Varsavia. Il supporto della resistenza esterna al ghetto fu limitato, ma le unità polacche appartenenti all'Armia Krajowa e alla Gwardia Ludowa attaccarono sporadicamente le unità tedesche di guardia all'esterno del ghetto e cercarono di farvi penetrare armi e munizioni. In parte questi sforzi vennero rallentati da motivi politici: i rappresentanti della ŻOB erano vicini all'Unione Sovietica e che la Resistenza polacca temeva come futuro ostacolo ad una Polonia indipendente dopo la sconfitta delle forze tedesche. Nonostante questo uno speciale comando dell'Armia Krajowa, comandato da Henryk Iwański, combatté all'interno del ghetto a fianco delle formazioni nazionaliste ebraiche della ŻZW. Vennero inoltre tentati due attentati dinamitardi contro le mura del ghetto, che però non sortirono nessun effetto. La battaglia finale si scatenò nel periodo del Pesach, la Pasqua ebraica, il 19 aprile 1943. I tedeschi inviarono all'interno del ghetto una forza di 2.054 soldati, tra i quali 821 appartenenti all'élite delle Waffen-SS e 363 poliziotti polacchi. I difensori li accolsero con un fuoco di armi leggere e lancio di granate lanciate dalle finestre dei piani più alti dei palazzi. I tedeschi reagirono cannoneggiando tutte le case ed incendiandole. Gli incendi produssero presto una grave carenza d'ossigeno all'interno dei bunker sotterranei che si trasformarono in una mortale trappola soffocante. La resistenza significativa cessò il 23 aprile e la rivolta venne ufficialmente considerata risolta il 13 maggio, quando il comandante tedesco, Jürgen Stroop, per celebrare il successo, ordinò di radere al suolo la Grande Sinagoga di Varsavia. Nonostante questo, per tutta l'estate del 1943 dal ghetto continuarono a provenire sporadici colpi ad opera degli ultimi difensori. Durante i combattimenti persero la vita circa 7.000 ebrei ed ulteriori 6.000 morirono bruciati nelle case in fiamme o soffocati all'interno dei bunker sotterranei. I rimanenti 50.000 abitanti vennero deportati presso diversi campi di sterminio, per la maggior parte presso il campo di Treblinka. I tedeschi persero circa 300 uomini tra soldati e collaboratori polacchi. Terminata la rivolta, il ghetto venne demolito con la distruzione della maggior parte delle case superstiti e divenne il punto per le esecuzioni di prigionieri ed ostaggi polacchi. Successivamente sulle rovine del ghetto venne costruito il campo di concentramento KL Warschau. Durante la successiva insurrezione di Varsavia del 1944, un battaglione dell'Armia Krajowa riusci a salvare circa 380 ebrei dalle prigioni di Gęsiówka e Pawiak, molti dei quali entrarono immediatamente a far parte dell'unità. Fotografia tratta dal rapporto stilato da Jürgen Stroop nel maggio 1943 inviato ad Heinrich Himmler. La didascalia originale in tedesco indicava: "Fatti uscire forzatamente dai nascondigli". Il rapporto finale stilato da Jürgen Stroop il 16 maggio 1943, riportava: « 180 ebrei, banditi e subumani sono stati distrutti. Il quartiere ebreo di Varsavia non esiste più. L'azione principale è stata terminata alle ore 20:15 con la distruzione della sinagoga di Varsavia... Il numero totale degli ebrei eliminati è di 56.065, includendo sia gli ebrei catturati che quelli del quale lo sterminio può essere provato. » L'insurrezione del ghetto del 1943 viene a volte confusa con la rivolta di Varsavia del 1944. I due eventi furono separati nel tempo ed ebbero due obiettivi diversi. Il primo, nel ghetto, fu l'opportunità di morire combattendo, con una piccola speranza di salvezza, invece che andare incontro a morte sicura nei campi di concentramento, scelta all'ultimo momento possibile prima della deportazione. La seconda fu un'azione coordinata nel quadro dell'Operazione Tempest dell'Armia Krajowa. Esistono comunque alcuni paralleli: una parte - circa cento - dei combattenti del ghetto presero parte al successivo combattimento; la brutalità della repressione tedesca fu simile e alcuni comandanti della rivolta di Varsavia presero spunto dall'esperienza fatta nei combattimenti del ghetto. Alcuni sopravvissuti all'insurrezione del ghetto, conosciuti come i "combattenti del ghetto", incluso Icchak Cukierman (vicecomandante della ŻOB), dopo la guerra si trasferirono in Israele, presso il kibbutz Lohamey ha-Geta'ot (Combattenti del Ghetto). Nel 1984 i membri del kibbutz pubblicarono Dapei Edut (Testimonianze dei sopravvissuti), quattro volumi di ricordi personali di 96 membri del kibbutz. Situato a nord di San Giovanni d'Acri, il kibbutz possiede un museo ed un archivio dedicato alla memoria dell'Olocausto.

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