13 febbraio, 2008

PROMEMORIA 13 febbraio 1633 Galileo Galilei arriva a Roma per il suo processo davanti all'Inquisizione.


Galileo Galilei (Pisa, 15 febbraio 1564 – Arcetri, 8 gennaio 1642) è stato un fisico, filosofo, astronomo e matematico italiano, uno dei più grandi scienziati dell'epoca moderna.

Il suo nome è associato ad importanti contributi in dinamica (principio di inerzia, legge della caduta dei gravi) ed in astronomia (con la scoperta della rotazione della Terra, delle macchie solari, delle montagne della Luna, dei satelliti di Giove, le fasi di Venere, le stelle che compongono la Via Lattea) ed all'introduzione del metodo scientifico (detto spesso metodo galileiano).

Accusato di voler sovvertire la filosofia naturale aristotelica e le Sacre Scritture, Galileo venne condannato come eretico dalla Chiesa cattolica e costretto, il 22 giugno 1633, all'abiura delle sue concezioni astronomiche.

Galileo, ormai settantenne, fu chiamato a comparire davanti al tribunale dell'Inquisizione nel 1632. Essendo ammalato cercò di rinviare il viaggio, fiducioso nella protezione del Granduca di Toscana, il quale aveva ricevuto il titolo dal Papa, e dunque mai avrebbe contraddetto la volontà di questi. A seguito di una successiva ingiunzione dell'Inquisizione, dovette tuttavia recarsi a Roma, in pieno inverno, il 13 febbraio 1633.

Nel corso del processo Galileo, che era già malato e fu ad un certo punto minacciato di tortura, negò perfino di aver mai abbracciato la dottrina copernicana, nonostante l'evidenza di ciò che aveva scritto nel Dialogo, e si dichiarò disposto ad aggiungere dei capitoli per confutare Copernico, ma l'Inquisizione non tenne in considerazione questa offerta di Galileo.

Il 22 giugno 1633 Galileo fu riconosciuto colpevole di «aver tenuto e creduto dottrina falsa e contraria alle Sacre e divine Scritture, ch'il Sole [...] non si muova da oriente ad occidente, e che la Terra si muova e non sia centro del mondo». Vedi Sentenza di condanna di Galileo.

La pena inflitta a Galileo consistette in diverse disposizioni: la messa all’indice del Dialogo sopra i massimi sistemi del mondo; l’abiura della tesi copernicana; un periodo di prigionia della durata che sarebbe piaciuta al Sant’Uffizio; la recita dei sette salmi penitenziali una volta alla settimana per tre anni (che incaricò di recitare, con il consenso della Chiesa, sua figlia Maria Celeste, suora carmelitana). L'8 Gennaio 1642, Galileo chiudeva per sempre i suoi occhi ormai ciechi, che per primi, nella storia dell'umanità, avevano potuto contemplare sconosciute realtà celesti.

Nel 1757 Giuseppe Baretti, in una sua ricostruzione, avrebbe fatto nascere la leggenda di un Galileo che una volta alzatosi in piedi, colpì la terra e mormorò: "Eppur si muove!". Tale frase non è contenuta in alcun documento contemporaneo, ma nel tempo fu ritenuta veritiera, probabilmente per il suo valore suggestivo, a tal punto che Berthold Brecht la riporta in "Vita di Galileo", opera teatrale dedicata allo scienziato pisano alla quale egli si dedicò a lungo.


Tomba di Galileo a Santa CroceGalileo riuscì ad evitare che i dispositivi più duri della condanna diventassero effettivi. Il carcere fu mutato nel confino all'interno della villa dell'ambasciatore del Granduca di Toscana in Roma, quindi nella casa dell'arcivescovo Piccolomini a Siena e infine nella villa che possedeva nella campagna di Arcetri.

Nel 1638 quando era già completamente cieco, pubblicò (a Leida, in Olanda) il suo lavoro più importante: Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze. In essa tratta le leggi del moto e la struttura della materia.

È del 1640 la spinta decisiva data al suo allievo Bonaventura Cavalieri con la scoperta della proprietà caratteristica dell'infinito, che definisce come infinita una quantità che uguaglia una sua parte.

Galileo Galilei si spense l'8 gennaio 1642 ad Arcetri, circondato dai suoi allievi e venne tumulato nella basilica di Santa Croce a Firenze insieme agli altri grandi fiorentini come Machiavelli e Michelangelo.[2]

Nel corso dei secoli che seguirono la Chiesa modificò la propria posizione nei confronti di Galileo: nel 1846, dall'edizione aggiornata dell'Indice furono rimosse tutte le opere a supporto di Copernico. Nel 1968 papa Paolo VI fece avviare la revisione del processo.

Ma interessante fu l'intervento anni dopo del cardinale tedesco Joseph Ratzinger, poi eletto Papa nel 2005, tenutosi a Parma il 15 marzo 1990. Egli riprese un'affermazione di Paul Feyerabend: «All'epoca di Galileo la Chiesa rimase molto più fedele alla ragione dello stesso Galileo. Il processo contro Galileo fu ragionevole e giusto»[3], aggiungendo però: «Sarebbe assurdo costruire sulla base di queste affermazioni una frettolosa apologetica. La fede non cresce a partire dal risentimento e dal rifiuto della razionalità, ma dalla sua fondamentale affermazione e dalla sua inscrizione in una ragionevolezza più grande. Qui ho voluto ricordare un caso sintomatico che evidenzia fino a che punto il dubbio della modernità su se stessa abbia attinto oggi la scienza e la tecnica.»; mostrando quindi di criticare le idee di Feyerabend su Galileo, sul cui processo Giovanni Paolo II chiederà ufficialmente scusa per l'errore della Chiesa. Infatti nel 1992, oltre tre secoli dopo la pronuncia della condanna, una nuova istruttoria ordinata da papa Giovanni Paolo II si risolse favorevolmente a Galileo.

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