23 agosto, 2006

Spazio alla memoria!!! Oggi, 79 anni fa, venivano uccisi “giustiziati” Sacco e Vanzetti

La Storia
Caso giudiziario trascinatosi dal 1920 al 1927 che ebbe come protagonisti gli immigrati italiani Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, condannati a morte il 15 aprile 1920 per l'omicidio di due uomini durante una rapina in un calzaturificio. La loro esecuzione provocò proteste in tutto il mondo. Il carattere puramente indiziario delle prove addotte contro i due italiani (che erano attivisti anarchici) attirarono sulla corte accuse di faziosità dettata da motivi razziali e politici. La richiesta di riaprire il caso venne sistematicamente rifiutata, anche quando un altro detenuto, condannato a morte, confessò di aver preso parte alla rapina. Solo nell'agosto 1977 il governatore del Massachusetts Michael Dukakis riconobbe in un documento ufficiale gli errori commessi nel processo, riabilitando completamente la memoria di Sacco e Vanzetti.
Nicola Sacco (Torremaggiore (FG), 22 aprile 1891 - Charlestown (Massachusetts, USA), 23 agosto 1927) eBartolomeo Vanzetti (Villafalletto (CN), 11 giugno 1888 - Charlestown (Massachusetts, USA), 23 agosto 1927)furono due anarchici italiani che vennero arrestati, processati e giustiziati negli Stati Uniti negli anni '20, con l'accusa di omicidio di un contabile e di una guardia di una fabbrica di scarpe. Sulla loro colpevolezza vi furono molti dubbi già all'epoca del loro processo; non vennero nemmeno assolti dopo che un altro uomo ammise, nel 1925, la responsabilità di quei crimini.
Sacco di professione faceva il ciabattino mentre Vanzetti - che gli amici chiamavano Tumlin - gestiva una rivendita di pesci. Furono giustiziati sulla sedia elettrica a Dedham, Massachusetts, il 23 agosto 1927.
L'immigrazione
Arrivarono entrambi negli Usa nel 1908, senza conoscersi tra loro. Sacco aveva diciassette anni e Vanzetti venti. Quest'ultimo, al processo, descriverà così l'esperienza dell'immigrazione: "Al centro immigrazione, ebbi la prima sorpresa. Gli emigranti venivano smistati come tanti animali. Non una parola di gentilezza, di incoraggiamento, per alleggerire il fardello di dolori che pesa così tanto su chi è appena arrivato in America". E in seguito scrisse: "Dove potevo andare? Cosa potevo fare? Quella era la Terra promessa. Il treno della sopraelevata passava sferragliando e non rispondeva niente. Le automobili e i tram passavano oltre senza badare a me".
Sacco, che in Italia era stato calzolaio di professione, trovò lavoro in una fabbrica di calzature a Milford, nel Massachusetts. Si sposò e andò ad abitare in una casa con giardino. Ebbe un figlio, Dante, e una figlia, Ines. Lavorava sei giorni la settimana, dieci ore al giorno. Nonostante ciò, partecipava attivamente alle manifestazioni operaie dell'epoca, attraverso le quali i lavoratori chiedevano salari più alti e migliori condizioni di lavoro. In tali occasioni teneva spesso dei discorsi. A causa di queste attività venne arrestato nel 1916.
Vanzetti fece molti lavori, prendeva tutto ciò che gli capitava. Lavorò in varie trattorie, in una cava, in un'acciaieria e in una fabbrica di cordami, la Plymouth Cordage Company. Leggeva molto: Marx, Darwin, Hugo, Gorkij, Tolstoj, Zola e Dante furono tra i suoi autori preferiti. Nel 1916 guidò uno sciopero contro la Plymouth e per questo motivo nessuno volle più dargli un lavoro. Si mise quindi in proprio, facendo il pescivendolo.
Fu in quell'anno che "Nick" e "Bart" si conobbero ed entrarono entrambi a far parte di un gruppo anarchico italoamericano. Tutto il collettivo fuggì in Messico per evitare la chiamata alle armi, non per vigliaccheria ma perché per un anarchico non c'è niente di peggio che morire per uno stato.
Nicola e Bartolomeo tornarono nel Massachussets dopo la guerra, ma non sapevano di essere inclusi in una lista di sovversivi compilata dal Ministero di Giustizia, nè di essere pedinati dagli agenti segreti Usa. Nella stessa lista era incluso anche un amico di Vanzetti, il tipografo Andrea Salsedo. Questi, il 3 maggio 1920, venne assassinato dalla polizia in un modo che non può non ricordare la storia di Giuseppe Pinelli: venne buttato dal quattordicesimo piano di un edificio appartenente al Ministero di Giustizia. Sacco e Vanzetti organizzarono un comizio per far luce su questa vicenda, comizio che avrebbe dovuto avere luogo a Brockton il 9 maggio. Purtroppo però i due vennero arrestati prima, e l'imputazione fu il possesso dei volantini che pubblicizzavano tale iniziativa. Per tale reato rischiavano fino a un anno di carcere. Nel mentre, però, vennero accusati del doppio omicidio del contabile e della guardia giurata, delitto che aveva avuto luogo circa un mese prima. Verdetto condizionato
Alla base del verdetto di condanna - a parere di molti - vi furono da parte di polizia, procuratori distrettuali, giudice e giuria pregiudizi e una forte volontà di perseguire una politica del terrore suggerita dal ministro della giustizia Palmer e culminata nella vicenda delle deportazioni.
Sotto questo aspetto, Sacco e Vanzetti venivano considerati due "agnelli sacrificali" utili per testare la nuova linea di condotta contro gli avversari del governo. Erano infatti immigrati italiani con una comprensione imperfetta della lingua inglese (migliore in Vanzetti, che terrà un famoso discorso, in occasione della lettura del verdetto di condanna a morte); erano inoltre note le loro idee politiche radicali. Il giudice Webster Thayer li definì senza mezze parole due anarchici bastardi.
Si trattava di un periodo della storia americana caratterizzato da una intensa paura dei comunisti, la paura rossa del 1917 - 1920. Né Sacco né Vanzetti avevano avuto precedenti con la giustizia, né si consideravano comunisti, ma erano conosciuti dalle autorità locali come militanti radicali che erano stati coinvolti in scioperi, agitazioni politiche e propaganda contro la guerra.
Da un discorso di Vanzetti
Sacco e Vanzetti si ritenevano vittime del pregiudizio sociale e politico. Vanzetti, in particolare, ebbe a dire rivolgendosi per l'ultima volta al giudice Thayer:

«Io non augurerei a un cane o a un serpente, alla più bassa e disgraziata creatura della Terra — io non augurerei a nessuna di queste ciò che io ho dovuto soffrire per cose di cui io non sono colpevole. Ma la mia convinzione è che ho sofferto per cose di cui io sono colpevole. Io sto soffrendo perché io sono un radicale, e davvero io sono un radicale; io ho sofferto perché ero un Italiano, e davvero io sono un Italiano [...]»

(dal discorso di Vanzetti del 19 aprile 1927, a Dedham, Massachusetts)
Ed è proprio in questo senso che oggi molti anarchici sostengono che i loro compagni ingiustamente incarcerati o uccisi non sono affatto innocenti; sono invece perseguitati perché sono ciò che sono, e dal punto di vista del potere, sostengono, non vi è alcun errore di giudizio.
La protesta
Quando il verdetto di morte fu reso noto, si tenne una manifestazione davanti al palazzo del governo, a Boston. La manifestazione durò ben dieci giorni, fino alla data dell'esecuzione. Il corteo attraversò il fiume e le strade sterrate fino alla prigione di Charlestown. La polizia e la guardia nazionale li attendevano dinanzi al carcere e sopra le sue mura vi erano mitragliatrici puntate verso i manifestanti.
Dopo la morte dei due anarchici, due catafalchi furono eretti nella camera ardente. Kenneth Whistler vi si recò e spiegò sui catafalchi un enorme striscione, sul quale era scritta una frase pronunciata dal giudice Thayer, rivolta a un amico, pochi giorni dopo aver pronunciato la sentenza: "Hai visto che cosa ho fatto a quei due bastardi anarchici, l’altro giorno?".

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